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.Tutti fissarono i pochi schermi ancora accesi e il segretario di Stato.Gli orologi facevano le due passate da poco.«La stessa cosa che è successa da noi?» domandò qualcuno.Rhess fece di sì con la testa.Aveva una cornetta premuta contro l'orecchio e continuava ad annuire.Michelsen spostò lo sguardo dai televisori al segretario di Stato e viceversa.«Se è vero, scusa l'espressione ma siamo nella merda fino al collo», bisbigliò alla sua vicina.Rhess riattaccò.«Il ministero degli Esteri conferma che ampie parti delle reti elettriche statunitensi sono collassate.»«Non è una coincidenza.Meno di una settimana dopo l'Europa», commentò qualcuno.«Possiamo scordarci gli aiuti americani», affermò Michelsen.«Il mondo occidentale è sotto tiro.Il comando supremo della NATO sta tenendo una riunione straordinaria in questo istante», disse Rhess.«Non credono che siano stati i russi o i cinesi?»«Occorre tenere in considerazione tutte le possibilità .»«Che il cielo ci aiuti», sussurrò Michelsen.Centrale di comandoLe reti elettriche americane erano state più semplici da attaccare di quelle europee, perché erano protette con meno accuratezza e legate ancora più strettamente a Internet.Tuttavia, alcuni zero days non avevano consentito un intervento più rapido.Avrebbero preferito colpire i due continenti nello stesso momento, ma andava bene anche così.Forse era addirittura meglio.Il mondo si domandava da quasi una settimana chi ci fosse dietro gli attentati all'Europa.Il blackout negli USA avrebbe alimentato nuove voci.Sicuramente gli alti ufficiali avrebbero raddoppiato gli sforzi.Un attacco di proporzioni così vaste spingeva a ipotizzare che il colpevole fosse uno Stato.C'erano alcuni candidati papabili: l'Iran, la Corea del Nord, la Cina e persino la Russia.Si sospettava da anni che loro e altri si fossero infiltrati nei sistemi informatici delle infrastrutture critiche occidentali.Ora qualcuno aveva raccolto i frutti di quella semina e aveva sferrato un attacco.Ma chi? Naturalmente avrebbero negato tutti.Era così semplice.Nessuno era in grado di risalire ai colpevoli.Le tracce nella rete globale erano troppo facili da cancellare.Le teorie avrebbero proliferato.Gli inquirenti della polizia, dell'esercito e dei servizi segreti avrebbero dovuto seguire nuove piste, nuovi indizi e direzioni, dividendo e indebolendo le proprie risorse.Guerra? Terrorismo? Criminalità ? Di tutto un po'? Ancora più devastante sarebbe stato l'effetto psicologico.L'ultima superpotenza del pianeta, già in ginocchio per via della crisi economica, non aveva avuto la possibilità di difendersi.In confronto a quell'attacco, Pearl Harbor e gli attentati dell' settembre 2001 a New York e a Washington erano bazzecole.Ben presto anche gli americani avrebbero capito che questa volta non avrebbero potuto mandare un esercito in una regione remota del mondo, perché non avrebbero saputo dove mandarlo.Si sarebbero resi conto di quanto fossero vulnerabili, di quanto fossero indifesi il governo, i potenti e i ricchi, le cosiddette élite, l'intero sistema.Un sistema in cui ormai non stavano più bene, né tantomeno si sentivano al sicuro, ma che preferivano all'ignoto.Avrebbero compreso che erano soli, che era iniziata una nuova epoca dell'azione, un'epoca in cui dovevano e potevano crearsi i propri territori.RatingenAll'inizio del viaggio, Manzano aveva provato ad accendere l'autoradio, ma dalle casse erano usciti solo fruscii.Da allora aveva guidato nel silenzio.Niente male, dopo l'agitazione degli ultimi giorni.Il navigatore lo condusse fuori dall'autostrada, attraverso un quartiere residenziale alla periferia della città , fino a un casermone di quindici piani in vetro e cemento.Sopra la facciata troneggiava la scritta TALAEFER AG.Posteggiò nel parcheggio dei visitatori e prese il laptop, lasciando il resto dei bagagli in macchina.Alla reception chiese di Jurgen Hartlandt.Due minuti dopo comparve un tipo atletico della sua età , che indossava jeans e una pesante dolcevita e che lo studiò rapidamente coi suoi occhi azzurri.Era accompagnato da due uomini più giovani, dai capelli corti, anch'essi prestanti e in tenuta casual.«Jurgen Hartlandt», si presentò il primo.«Piero Manzano?» L'italiano annuì e gli altri due lo affiancarono.«Mi segua, per favore», lo esortò Hartlandt in un inglese quasi privo di accento, senza presentargli i colleghi.Lo condusse in una piccola sala riunioni e chiuse la porta, accanto alla quale si piazzò uno dei suoi due compagni.«Si accomodi.Ho ricevuto una comunicazione dall'Europol.Per sicurezza devo prima controllare il suo computer.»Manzano corrugò la fronte.«È proprietà privata.»«Ha qualcosa da nascondere, signor Manzano?»L'italiano ebbe un brutto presentimento.Si chiese cosa significasse quella procedura.Non gli avevano chiesto di andare là a dare una mano? Il tono di Hartlandt non gli piaceva.«No, ma voglio tutelare la mia privacy.»«Allora facciamo così.Mi spieghi chi è Mata@radna.ru.»«Chi sarebbe?»«È quello che chiedo a lei.Ha inviato un'e-mail a questo indirizzo.»«Assolutamente no.E, anche se fosse, come fa a saperlo?»«Non è l'unico a intendersi d'informatica e a saper entrare nei computer altrui.Naturalmente, l'Europol la sorvegliava.Chi è Mata@radna.ru?»«Glielo ripeto: non lo so.»Uno degli altri due uomini gli prese la borsa del laptop prima che potesse ribellarsi.Manzano saltò su, ma il secondo energumeno lo spinse nuovamente sulla sedia.«Che cosa significa? Pensavo che avrei dovuto aiutarvi», urlò l'italiano.«All'inizio lo pensavamo anche noi.» Hartlandt estrasse il computer e lo accese.«Allora me ne vado», dichiarò Manzano.«Neanche per sogno.» Hartlandt non alzò gli occhi dallo schermo
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